Durante la colonizzazione/conquista francese dell’Algeria, la città di Laghouat (al-Aghwât) rappresentava un punto strategico poiché, in quanto “porta del Sahara”, doveva servire come base per un’ulteriore espansione verso sud.
Laghouat venne espugnata nel 1852, dopo aspri combattimenti...che Allah l'Altissimo accolga i martiri algerini nei Suoi Giardini, amin.
Il generale Du Barail, ormai "padrone" della cittadina sahariana, ripulì subito la città dalle macerie e, senza nemmeno attendere le disposizioni del governatore generale dell’Algeria, ordinò agli abitanti del posto di fabbricare mattoni e pietre per costruire le installazioni necessarie all’esercito e all’amministrazione francese.
La ricostruzione della città ebbe inizio nel 1853.
In quell'anno arrivarono sette muratori italiani, ma solo uno di loro avrebbe legato il proprio nome a Laghouat e più precisamente ad una Moschea, che oggi viene chiamata anche "MASGID MOUNINAR" (la Moschea di Mouninar).
“Mouninar” era GIACOMO MOLINARI.
Quando arrivò a Laghouat aveva trentanove anni, poiché era nato il 28 agosto 1814 a Cavagnano (oggi provincia di Varese).
Quando arrivò a Laghouat aveva trentanove anni, poiché era nato il 28 agosto 1814 a Cavagnano (oggi provincia di Varese).
Il compito di questi muratori italiani era quello di ricostruire una Moschea nel cuore di Laghouat.
Terminata quindi la costruzione della Moschea, il gruppo dei muratori italiani ripartì da Laghouat tranne Giacomo Molinari che rimase invece nella città algerina ED ABBRACCIO' L'ISLAM!
Terminata quindi la costruzione della Moschea, il gruppo dei muratori italiani ripartì da Laghouat tranne Giacomo Molinari che rimase invece nella città algerina ED ABBRACCIO' L'ISLAM!
Non si conoscono le circostanze precise che motivarono la conversione di Giacomo Molinari - che assunse il nome islamico di AHMED.
Forse una qualche luce sulla vicenda potrebbe provenire da una documentazione che si dice esista alla sottoprefettura di Laghouat, dove sembra sia custodita anche una fotografia in cui Molinari (evidentemente non ancora diventato Ahmed) è ritratto con un vistoso crocifisso sul petto.
Forse una qualche luce sulla vicenda potrebbe provenire da una documentazione che si dice esista alla sottoprefettura di Laghouat, dove sembra sia custodita anche una fotografia in cui Molinari (evidentemente non ancora diventato Ahmed) è ritratto con un vistoso crocifisso sul petto.
Ahmed Molinari si integrò perfettamente nell’ambiente musulmano: sposò una donna della tribù di Sidi Bouzid, nei dintorni di Aflou (una piccola provincia di Laghouat) ed ebbero quattro figli, un maschio di nome Mohammed e tre femmine.
L’ultima traccia lasciata da Ahmed Molinari consiste nel suo testamento, che egli dettò il 28 luglio 1908 al cancelliere notarile francese Paul Curel nella propria abitazione, “nel cortile di una casa sita all’angolo della rue Millot e della rue de Blidah” essendo probabilmente impossibilitato a muoversi per via della veneranda età (novantaquattro anni) e delle condizioni di salute (“malade de corps, mais sain d’esprit/malato nel corpo ma sano nello spirito”, così lo descrive il cancelliere Curel).
L’atto notarile venne dunque redatto, in francese e in arabo, alla presenza di un interprete giudiziario e di quattro testimoni, “tous les quatre citoyens français/tutti e quattro cittadini francesi”, residenti in città e in grado di comprendere la lingua araba.
Ciò era reso necessario dal fatto che Ahmed Molinari conosceva male la lingua dei colonizzatori francesi, ma in compenso si esprimeva alla perfezione in arabo, “à la mode indigène” ed aveva ormai dimenticato quasi del tutto dimentico l'italiano.
Ciò era reso necessario dal fatto che Ahmed Molinari conosceva male la lingua dei colonizzatori francesi, ma in compenso si esprimeva alla perfezione in arabo, “à la mode indigène” ed aveva ormai dimenticato quasi del tutto dimentico l'italiano.
Leggiamo qualche riga tratta dal testamento del novantaquattrenne AHMED MOLINARI:
“Non posseggo nulla.
Avevo un orto, che ho venduto oggi stesso, ricavandone la somma di milleduecento franchi, la quale mi è servita per pagare una somma di eguale entità di cui ero debitore al signor Isaac Ben Lalou”.
Avevo un orto, che ho venduto oggi stesso, ricavandone la somma di milleduecento franchi, la quale mi è servita per pagare una somma di eguale entità di cui ero debitore al signor Isaac Ben Lalou”.
Il creditore di Ahmed Molinari, questo Isaac Ben Lalou, era un ebreo del luogo con cittadinanza francese, è uno dei quattro testimoni ed è indicato nel documento notarile come “propriétaire et négociant/proprietario e negoziatore”.
Il fratello Ahmed Giacomo Molinari, infine, conclude così:
“Desidero essere inumato, dopo la mia morte, nel cimitero musulmano di Sidi-Yanès”.
“Desidero essere inumato, dopo la mia morte, nel cimitero musulmano di Sidi-Yanès”.
L’ultima volontà di Ahmed Molinari venne regolarmente eseguita.
Chi visiti oggi il cimitero di Sidi-Yanès (a Laghouat)
vi può trovare la tomba del muratore ITALIANO
che lavorò alla costruzione della grande moschea di Laghouat:
EL MASGID MOUNINAR - LA MOSCHEA DI MOLINARI.